McCoy Tyner
 
 
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A cura di Ettore Ulivelli

Stanley Dance
Down Beat - ottobre 1963



McCoy Tyner



Il pianista di John Coltrane parla del suo background musicale, delle sue convinzioni e delle sue mete – come dice nella seguente intervista di Stanley Dance.

 


“Parliamo molto della liberta' nel jazz, ma vi sono altre discipline che ne conseguono. Quando possiedi la disciplina della religione che ho io, penso che si possa essere in grado di soddisfare le richieste della musica e di funzionare meglio. Ci sono ancora molte pressioni nella vita di un musicista jazz ed e' quindi comprensibile che alcuni si perdano per strada. ​Ma devi diventare forte per fronteggiare quelle pressioni. Non puoi aspettarti che vengano rimosse dal tuo ambiente. Vi sono ragioni per tutte queste pressioni e relativi problemi.
​Le persone pensano generalmente a Dio nei momenti di tragedia, ma non quando tutto fila liscio. La maggior parte dei musicisti crede in Dio perche' essi sono anche individui molto sensibili. Quando ho iniziato con la musica, non ho mai realizzato quanto potesse essere sensibile e quanto noi lo siamo.
​Mia madre suonava un po' il piano e volle che noi ci interessassimo alla musica; avevamo la scelta tra lezioni di canto e il pianoforte e mio fratello ed io stesso scegliemmo il piano.Dapprima non ne fui molto interessato, ma dopo un po' inizio' a piacermi ed io a dedicargli gran parte del mio tempo. Malgrado non abbia studiato approfonditamente il repertorio classico, credo di aver avuto una buona educazione musicale. ​All'incirca a 16 anni, avevo il mio gruppo jazz; a quel tempo, ero influenzato principalmente dai dischi perche' non c'era molto jazz alla radio. Bud Powell e suo fratello abitavano girato l'angolo dalla mia abitazione a Philadelphia, ma non avevano un pianoforte a casa loro e Bud veniva da mia madre a suonarlo.
​Non sapevo chi era e la sua musica non mi era familiare. Era difficile capire cio' che faceva, ma mi piaceva. A giudicare dai dischi che aveva inciso con Max Roach e Ray Brown, credo che avesse raggiunto il suo culmine ed io ho imparato molto da lui e dal fratello Richard. Erano musicisti profondi sia armonicamente che in molti altri modi. Bud aveva cosi' tanto buon gusto e abilita' creativa che non mi fu difficile apprendere da lui. ​Aveva suonato nel locale di fronte a quello si Tatum e aveva avuto molte altre opportunita' di ascoltarlo. Bud era stato fortemente influenzato da Tatum e so che nutriva grande ammirazione anche per i pianisti che avevano preceduto Tatum, lo stesso dicasi per me.
​Avevo circa 17 anni quando iniziai a suonare per la prima volta con John Coltrane . Aveva lasciato Miles Davis per un certo periodo ed era molto amico di Calvin Massey che me lo aveva fatto conoscere. Allora lavoravo con Calvin al Red Roost e John doveva suonarvi per una settimana, cosi' ci chiese di lavorare con lui. In seguito, John mi chiamava ogni volta che veniva a Philadelphia con Miles Davis. Credo gli piacesse il mio modo di suonare, ma avevamo anche lunghe discussioni sulla musica durante le quali sedeva al piano e suonava, aveva molte idee ed eravamo compatibili.
​C'era un totale accordo su un sacco di cose anche a quel tempo ed io sentivo la direzione che stava prendendo. Non sapevo cosa poteva uscirne o quanto coinvolgente avrebbe potuto essere, ma nel suo modo di suonare, avvertivo qualcosa di stupendo e ci piaceva lavorare assieme.
​Benny Golson venne a Philadelphia quando io avevo 20 anni e suonai con lui ad un concerto. Mi chiese di raggiungerlo a San Francisco dove trovammo un batterista ed un bassista. Cosi' nacque il Jazztet che comprendeva Art Farmer, Curtis Fuller, Addison Farmer , Dave Bailey, Golson ed io stesso.
​Trascorsi 6 mesi con il Jazztet, ma ecco un'altra chiamata da John che stava formando il proprio gruppo : dovevo prendere una decisione. Sapevo che c'era qualcosa che volevo fare con il suo gruppo, anche se gli amici del Jazztet erano stati cosi' gentili con me e mi avevano aiutato non poco, sia musicalmente che in altre faccende, che sentivo di dover loro qualcosa. Dovevo essere onesto con loro e con me stesso e alla fine decisi di andare dove sarei stato veramente felice, potendo dare un maggiore contributo a far bene. Cosi'andai con John.
​Credo di aver fatto la mossa giusta. Allora non mi preoccupava il fatto che il gruppo di John potesse avere successo o meno perche' pensavo che la maggior parte dei buoni ascoltatori avrebbe sempre gradito la buona musica. ​So che molti buoni gruppi nascono e poi spariscono, ma solitamente si sciolgono per divergenze personali.
​Rispetto ad altri gruppi, noi abbiamo un feeling diverso nei confronti della musica : per noi, qualsiasi cosa emerga al momento, e' definitiva in quel momento! Crediamo decisamente nel valore della spontaneita'. Ma per quanto ci riguarda, molto dipende da cio' che fa John. Ad una sezione ritmica si richiede di dare supporto ed essere di ispirazione al solista ed e' un fatto di grande sensibilita'. Cio' che ciascuno di noi prova puo' significare molto, ma quando devo prendere il mio assolo, posso essere ispirato da quanto John ha appena suonato e dal supporto che Elvin Jones e Jimmy Garrison mi stanno dando.
​E' un fatto troppo personale per essere analizzato sulla carta, cosi' come e' impossibile spiegare perche' a qualcuno piace il cioccolato e a un altro i biscotti...
​A volte, quando John prende un assolo, io cesso di suonare e questo credo sia significativo: il pianista infatti tende a suonare accordi che il solista sa che arriveranno comunque. Normalmente, il pianista cerca con l'accompagnamento di dargli una spinta ulteriore e, possibilmente, suggerirgli nuove idee. Quando invece il pianista non suona, il solista ha modo di concentrarsi su cio' che ha in mente, subendo meno limitazioni o steccati. Diversamente, cio' che suona il pianista può sviare la sua attenzione dall'idea originale.

​E discorrendo sulle origini del jazz, Tyner dice:” Ho pensato spesso alla definizione di “jazz”. Quello primigenio e' emerso dalle chiese attraverso gli spirituals che erano gia' una forma di culto. Poi venne il periodo del blues, suonato in posti molto diversi. A quei tempi, “jazz” aveva tutt'altro significato e questo e' uno dei motivi, penso, per cui la gente lo guarda un po' con disprezzo. Cio' malgrado, questa stessa musica e' una delle forme artistiche piu' belle che esistano e le parole che usiamo per descriverla non sono abbastanza appropriate.
​​Una delle ragioni che mi spingono a nutrire cosi' tanto rispetto per i pianisti di piu' vecchia data, e' che durante il loro periodo si potevano ascoltare stili cosi' diversi; c'erano molti bravi musicisti tra loro, musicisti che conoscevano lo strumento e non si trattava di copiare uno dall'altro.
Oggi, molti tra i musicisti piu' giovani cercano di dirigersi verso uno stile particolare invece di approfondire la conoscenza dello strumento, fatto che reputo molto importante.
​Non sto dicendo che non conoscono lo strumento, ma penso commettano un errore nel cercare di copiare un certo stile invece di suonare secondo il proprio feeling. Mi hanno detto che tempo fa tutti cercavano di suonare come Earl Hines, questo' poteva essere anche positivo a patto di non rimanere incastrati e limitati a cio' che lui sapeva fare.
​Penso che un altro musicista possa indicarti la strada, forse anche ispirarti, ma io non ho mai voluto essere la copia di qualcun altro. Ho 24 anni, e credo di essere ancora in evoluzione.
Non puoi mettere fretta alla maturita'.

 
   
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