LA " REGINA DEL CABARET "
 
 
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I “ POMPIERI”
Una storia americana


Di Corrado Barbieri




Inizio anni ‘40, e inizio del New Orleans Revival, che in parole piu’ esplicative sarebbe la scoperta del jazz da parte degli americani. Si’, perche’ tranne i neri e un pugno di bianchi illuminati, negli Stati Uniti non si erano ancora scoperti essenza e origini  della musica afro-americana, nonostante fosse suonata in mille luoghi, posti non frequentati dalla classe media bianca, solo per esempio il South Side di Chicago, o Harlem, oppure i locali di una Kansas City sotto il dominio gangsteristico. Negli anni ‘30 l’unico jazz ascoltato dalle masse, inconsapevoli, era quello delle big band, le grandi orchestre bianche e nere che consentivano all’America di far fronte alla depressione e a una vita grama facendola ballare. 


Poi, a fine decennio, quasi allo scoppio della seconda guerra mondiale, la passione che animava alcuni intellettuali spinse alla ricerca delle origini del jazz in vari modi. Chi si recò in Louisiana alla ricerca dei vecchi musicisti neri, impegnati in umili lavori, chi come il regista-attore Orson Welles li invito’ nella sua seguitissima trasmissione radiofonica, chi organizzo’ concerti e sedute di incisione. Gente che passava per eccentrica o addirittura “ comunista”…
Fatto sta che di colpo si scoprì tutta la vitalità e la gaiezza propria di quella musica, che comincio’ ad affascinare sia in America, in California soprattutto, sia oltreoceano in Europa. E qui ci si mise poi anche l’ euforia seguita alla fine della seconda guerra mondiale.
Un momento magico per il jazz : mentre a New York si procedeva verso quelle vette che sarebbero state le più ardite della musica afro-americana, con il bop ( quando geni neri semplicemente dissero …“ ora suoniamo per noi e come vogliamo noi, chissenefrega delle audience e dei bianchi! “ ), il jazz delle origini, il Dixieland, come veniva  rozzamente definito, raccoglieva proseliti, e le piccole band fioccavano ovunque negli States, non solo, ma anche in Francia, Inghilterra, Italia e perfino Australia !
Prima di parlare dei “ Pompieri “ e’ pero’ necessaria una brevissima interpolazione: chi ha provato a suonare il jazz classico, riuscendo a ben eseguire gli assieme, i break, i brani gai o tristi- i blues- viene inevitabilmente investito da emozioni così intense che sono difficilmente descrivibili, se non a  chi ascoltando con passione le recepisce completamente.


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Il Dixieland quindi fa proseliti, e’ amato, come abbiamo visto, in ogni dove, e il caso vuole anche nella compagine piu’ creativa dell’ America postbellica, quella  dei disegnatori della Walt Disney, che sta attraversando un sorta di boom inventivo - da “ Cenerentola” a “ Bambi” ad “ Alice nel paese delle meraviglie” e tanto altro -. Sicuramente un humus che serve ad unire la passione per il jazz di alcuni amici, autodidatti, fino alla fondazione di una band. Un complesso nella formazione tipica del jazz classico, che prenderà vari nomi, e alla fine quello di “ Firehouse Five plus Two “ I cinque pompieri piu’ due, capeggiata da Ward Kimball, un formidabile trombonista.
Vestiranno strettamente la divisa dei pompieri americani, si faranno riprendere sul classico camion e inseriranno nelle registrazioni sirene, campanelle e altri effetti kitsch! …Sconcerto per chi in Italia negli anni ‘50 compra i loro primi dischi ! ( da sottolineare, con covers illustrate, come tante dell’epoca, da bellissimi disegni di pop art ). Un dettaglio non piccolo perche’ porta erroneamente a deriderli e sottovalutarli, soprattutto da parte della pletora di italiani che in quel periodo si atteggia a intellettuale, rendendosi ridicola ( per anni nel nostro paese si farà finta di amare il jazz come mero atteggiamento intellettualistico …) .
E il risultato musicale? Assolutamente sorprendente! Non fanno parte delle vecchie generazioni di jazzisti, nascono dilettanti, che hanno alternato la musica al disegno professionale, ma ciascun componente della band, pur restando negli schemi di quello stile, ha qualcosa di diverso, nel fraseggio, nel sound, qualcosa di estremamente fresco . Il tutto  padroneggiando sempre perfettamente la tecnica strumentale.
Riascoltando a terzo millennio avanzato i Firehouse, nei primi vinili o nei cd, si riceve la spinta potente della loro trabordante vitalita’ e freschezza, in sostanza si percepisce esattamente la portata della passione che li animo’ ! Ed e’ un godimento, oltre che una tappa da considerare, nella storia del jazz.


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L’ AMERICA IMMATURA e i suoi anni felici…
Non ci saremmo stupiti e ancora non ci stupiremmo di certe scelte nel porsi, ridicole artisticamente, se non vi fosse in rete un’interessante intervista a Federico Fellini che ci dice molto sull’ America dei tempi. Invitato dal genio Disney ad andarlo a trovare, fu ricevuto da un Walt vestito da cowboy che sparacchiava a salve con due pistole…
Regnava quello humor, che investiva il genio - al contempo duro imprenditore - Walt, come tutta una società, immatura e ancora per qualche anno felice. 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 





 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
   
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