Swing low sweet Satchmo
 
 
Louis Armstrong
 
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Swing low sweet Satchmo



di Corrado Barbieri




Nel 1958 Louis decide di registrare una serie di noti spiritual, intercalati da qualche blues, utilizzando sia gli All Stars che lo straordinario coro dell'orchestra di Sy Oliver, che ebbe anche il ruolo di arrangiatore.
L' album e' conosciuto forse piu' come Louis Armstrong and the Good Book che non con il titolo,a nostro avviso piu' azzeccato, di Swing Low Sweet Satchmo, con cui la Brunswick lo lancio' inizialmente in Italia, prima sotto forma di EP da quattro brani,e poi di LP.
E' una tipica produzione dell'Armstrong post bellico: accattivante in ogni brano, in grado di emozionare chi ascolta col suo canto o con il semplice eloquio, e duettando con altri cantanti, in questo caso il coro di Sy Oliver, nonche' con passaggi di tromba non lunghi ma che vanno direttamente al cuore.
Fondamentale anche l'uso dell'organo, suonato per quella occasione da Nickie Tagg. Il tema scelto, religioso, mette in evidenza due intenti: da una parte riandare alle origini del jazz, alla formula africana chiamata/risposta, allo spiritual, trasmettendoci l'effetto delle atmosfere pre-jazzistiche, cosa raggiunta in pieno.
Dall'altra i testi parlano in termini chiari della condizione dei neri, non solo di un passato lontano, ma anche perdurante in quegli anni pre-diritti civili.
E cio' avviene sia che nel brano si parli del Faraone che tiene schiavi gli ebrei, sia negli spiritual piu' tristi come Nobody Knows the Trouble I Have seen o Sometimes I Feel Like a Motherless Child, sia nelle brevi domande e risposte che intercorrono tra Louis e una voce esterna.
L'effetto raggiunto e' emotivamente straordinario nei brani di punta come Ezekiel Saw The Wheel, Go Down Moses (stupendo con il coro), Nonody Knows the Trouble I've Seen e Down by the Riverside, forse la piu' bella versione ascoltabile.
Se si tratta di melodie intrinsecamente belle, qui Louis riesce per certo a farcele scoprire ancora piu' belle di quanto ci sembravano. Piacevolissimo anche il tono e l'ironia in Shadrack, vicenda biblica intricata, interamente "narrata" da un Louis che aveva sentito profondamente questo disco.
Da ricordare che alcuni brani, come Jonah and the Whale, Shadrack e Nobody Knows, erano stati registrati a meta' anni Trenta, con versioni tuttavia piu' semplici e scarne e decisamente meno emozionanti.
Un disco, dei brani, un sound, che sembrano proposti appositamente per coloro, come lo scrivente, che amano cercare emozioni nell'essenza e nelle radici della musica afro-americana.



 
   
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